Mazara dall’arabo Mazar, “luogo frequentato, visitato”, invece Del Vallo, per essere stata un tempo, capoluogo di uno dei tre Valli in cui la Sicilia fu suddivisa
Val di Mazara, Vallo Demone e Val di Noto.
Ma zara splendida ed eccelsa città ,cui nulla manca non ha pari ne’ simili, se si riguardi alla magnificenza delle abitazioni e del vivere, all’eleganza dell’aspetto e degli edifici questa città non ha più dove arrivare”
Così viene descritta nella più grande opera geografica del Medioevo il” Libro di Re Ruggero”, tradotta da Michele Amari ,la nostra, una volta ridente e fortunata città.
Mazara del Vallo, sorge sulla costa sud-occidentale della Sicilia in una zona fertile e pianeggiante, a poco più di un centinaio di chilometri dalla costa tunisina, sulla una superficie complessiva di 275,90 Kmq.
L’agglomerato urbano attuale occupa la parte sud-est del territorio comunale, quella compresa tra le rive del Mediterraneo, la foce del fiume Delia e Capo Feto. Il piccolo lembo di Sicilia, che rientra nella giurisdizione del comune di Mazara, racchiude una varietà d’ambienti molto diversi tra loro: il paesaggio costiero, che si estende sino a Marsala, è caratterizzato dalle cosiddette “sciare”, distese aride simili ai deserti ciottolosi del Nord-Africa. La parte centrale è invece dominata dalla fertile piana di Decacco, adornata da ville gentilizie costruite nel XVI e nel XVII secolo sulle aree
degli antichi “mizel”, i casali arabi.
Tutto il territorio comunale è poi punteggiato a torri, casene e bagli costruiti in epoche diverse, soprattutto tra il 400 e il 700, trasformati in seguito, con aggiunte ed elisioni legate alle vicende del loro utilizzo.
Ma zara ,antico approdo fenicio, porto canale ,terminale di secolari rotte marittime che confluivano nella civitas attraversando tutto il mediterraneo , limita ad occidente la città storica
Mazara passò dapprima sotto il dominio di Cartagine, poi nel 392 a.C. sotto la giurisdizione dello stato di Siracusa, infine fu riconquistata nel 378 a.C. dagli stessi Cartaginesi i quali la tennero sino a quando nel 210 a.C. l’isola divenne colonia romana.
Alla romanità di Mazara fanno riferimento accreditati storici: “Noi assumiamo che Mazara aveva vita e rinomanza sotto gli imperatori romani e ci appoggiamo ai numerosi monumenti che ne hanno fede…noi diciamo e diremo che a Mazara esistono da tempo remoto più di venti lapidi di età romana”.Resti di epoca romana furono talaltro gia testimoniati sin dai primi del XIV secolo dal Pugliese, il quale per primo ci dà notizie di tre sarcofagi e di tre urne cinerarie ritrovati nel 1700 lungo le mura occidentali ed ancor oggi conservati nella Cattedrale di Mazara. La conquista musulmana della Sicilia è uno dei maggiori avvenimenti della storia medievale: ha inizio un lungo periodo di floridezza e progresso, legato un rapido sviluppo economico e demografico, che porta all’autonomia dell’isola.
I Musulmani d’Ifrìqiya, salpati da Susa e guidati dal dottissimo qâdi Asad ibn al-Furât, su cento barche, con un esercito di diecimila fanti e settecento cavalli, approdarono a Mazara il 16 Giugno dell’anno 827, anno 212 dell’Egira.
La città nonostante risentì, così come molte altre della Sicilia, maggiormente dell’influenza normanna, raggiunse il suo massimo splendore proprio durante la quasi trisecolare dominazione degli Arabi, nel corso della quale, ad esempio, le sue estesissime campagne pervennero al massimo grado di floridezza.
I Musulmani assegnarono a Mazara il ruolo di caposaldo del loro dominio isolano, dotandola anche di un sicuro e ricco entroterra che le diede quel vigore di commercio e di vita che tanto bene sfrutteranno i Normanni.Il corpo antico della città, distribuito nei quattro rioni storici di San Francesco,di San Giovanni, Xitta e Giudecca è caratterizzato da vicoli e cortili che si articolano in labirintici percorsi la cui strettezza e tortuosità ne esaltano la compattezza di città chiusa,così intimamente legata al nome stesso della citta: in fenicio Mazar significa la rocca;e come scavati in un banco roccioso si presentano le sue viuzze ,i suoi slarghi ,i suoi monumenti,le sue piazze. La caratteristica di città chiusa ,protettiva per i suoi abitanti,è chiaramente leggibile nell’impianto viario nonostante la scomparsa della vecchia cinta muraria, che fino all’ottocento la contrapponeva alla città nuova ,o aperta . All’inizio dell’Ottocento, l’abate Vito Pugliese, erudito mazarese di storie patrie e primo storico moderno della città nel suo manoscritto “ Selinunte Rediviva” evidenziava la singolarità dell’impianto urbano
così descrivendola “Per strette, adunche, tortuose or sentier or viuzze. Ciò rappresenta un’antichissima costruzione, e paragonarsi al taglio delle più insigni e vetuste città della Sicilia”.Ancora oggi il tessuto irregolare e ramificato del vecchio impianto viario della città,e in particolare i quartieri popolari caratterizzati da vicoli e cortili, risentono profondamente della persistenza della tradizione urbanistica islamica .quantunque nel corso del tempo la città si sia costruita e ricostruita su se stessa, Mazara mantiene i legami con l’impianto originario attraverso i vicoli e i cortili ,tanto che il vicolo può essere considerato,oggi,l’involucro protettivo delle più antiche forme di vita e di architettura popolare. La sistemazione dello spazio urbano della Ma zara musulmana si fondava,come per altri impianti islamici su una caratteristica principale:la divisione della vita cittadina in privata e pubblica. La città antica era scandita nei diversi quartieri, i rabad che si collegavano agli shari cioè le strade principali della città. Uno shari della Ma zara musulmana era l’attuale Via Bagno e il suo proseguo,via San Giovanni. Quest’asse viario collegava due porte d’accesso alla cttà e precisamente Bab al wadi ( porta del fiume) con Bab al Balarm ( porta Palermo). Su quest’asse insistevano i bagni pubblici nello slargo appunto denominato piazzetta Bagno.Ancora oggi dalla Via Bagno si diparte la maglia viaria residenziale dei quartieri di San Francesco e della Giudecca,con una serie di strade secondarie molto articolate,dalle quali a loro volta si dipartono vicoli ciechi e cortili che danno vita a percorsi labirintici. Una lettura della morfologia di questi tre tipi viari ,in particolare della larghezza e del disegno del loro impianto,ci consente di capire come era scandito il graduale passaggio dallo spazio pubblico al privato. Così la via Bagno Foto d’archivio. Vicolo Vipera Vicolo Vipera Oggi.
(che fungeva da asse aperto poiché collegava in antico attraverso tutta la città, le due porte urbane,per continuare al di fuori delle mura per i collegamenti territoriali presenta una larghezza costante maggiore degli altri assi e una tortuosità non rilevante, mentre gli assi secondari hanno una larghezza minima variabile:un esempio è Vicolo Vipera .
Un’ulteriore filtro verso ciò che è esterno è dato in questi assi secondari dalla presenza di gomiti, che sono la costante dei vicoli ciechi e dei cortili ,elementi che rappresentano nell’urbanistica islamica l’ultimo stadio del graduale passaggio dal pubblico al privato. A seguito delle continue trasformazioni fisiche e funzionali i cortili hanno perso in parte la loro valenza di elemento di passaggio tra la strada e l’abitazione.
Con l’avvento dei Normanni la città si arricchisce di chiese,conventi e monasteri Viene ridotto il perimetro urbano a causa del calo demografico determinato dall’esodo volontario di molte famiglie musulmane ,l’abitato viene cinta da mura .L’Edrisi ricorda le “mura alte e spesse”, la tradizione tramanda anche di una fortezza nel medesimo punto nel quale, più tardi, venne edificato il castello normanno e di una torre quadrata su di un’altura, a 2 Km dalla città, dove nel 1100 la contessa Giuditta, figlia del Conte Ruggero, edificò una chiesetta dedicata a S. Maria delle Giummare, in memoria del primo scontro tra le schiere dei Normanni ed il presidio di quella fortezza. L’elemento musulmano è stato tanto preponderante nei confronti di quello cristiano, al punto tale che i marcati connotati ed aspetti di cui fu caratterizzato andarono accentuandosi nel corso dei secoli, incidendo permanentemente e profondamente sul volto e sullo sviluppo futuro della città e di cui l’urbanistica ne è teste.
La dominazione normanna subentra per opera del Gran Conte Ruggero, il quale entra per la prima volta a Mazara nel 1073 e la riconquista definitivamente nel 1075.
Sotto il suo governo avvennero indicativi mutamenti topografici e sociali, la città crebbe d’importanza e incrementò il commercio marittimo.Quest’ultimo fu favorito non solo dai nuovi rapporti con i paesi cristiani, ma anche dai rifornimenti che, durante le crociate, le navi provenienti da occidente facevano nel suo porto.
Mazara divenne nel 1093 un potente Vescovato, arricchito di molti feudi e regni: “…ben ventitré, raggruppati sotto il nome di Casale Bizyr, poi Casale del Vescovo…”per opera del Conte Ruggero.
Questi per domare l’elemento musulmano allora preponderante e ravvivare in tal modo la fede cattolica, costruì diversi edifici ecclesiastici, chiese e conventi, che determinarono una nuova organizzazione urbanistica in dialettica con la città islamica.
Il processo di rinnovamento in atto, durante la dominazione normanna, non investì solo l’assetto urbano, ma riguardò da un lato, la ristrutturazione di tutto l’ordinamento politico dei territori occupati, dall’altro una certa continuità politica e sociale.
I confini della circoscrizione territoriale della Diocesi, segnati nel diploma di fondazione della Chiesa di Mazara dell’ottobre del 1093, ricordano quelli delle divisioni giurisdizionali musulmane.
Nella prima metà del secolo XII difatti, il territorio di Mazara era pieno di villaggi arabi, con il baglio nel mezzo, magazzini e fosse per il grano, dove vi risiedevano i villani saraceni con le loro famiglie, ai quali si deve il rifiorire e rinvigorire dell’attività agricola in maniera particolare nell’entroterra in disuso. Nel 1154 l’Idrisi, visitando il vastissimo distretto Mazara, ne descrisse i “graziosi casali” e le masserie insieme agli orti, ai giardini e alle “elette piantagioni”.
Questo glorioso periodo dell’architettura siciliana, che si svolse con i princìpi normanni tra XII e XIII secolo, è stato oggetto d’ammirazione e di ricerche da parte di molti studiosi .L’architettura normanna in Sicilia, è contrassegnata dalla fusione di forme greco-bizantine ed arabe, interessante comprendere quali caratteristiche e peculiarità assume, quella stessa architettura, nell’ambito della realtà mazarese.I Normanni sbarcando in Sicilia trovarono, da un lato il cristianesimo conservato dai Greci-Bizantini, dall’altro una fioritura d’edifici arabi in moschee e palazzi. E’ dunque naturale che i nuovi “signori” si servirono di ciò che offriva l’ambiente e che i due elementi costitutivi dell’architettura sotto i Normanni fossero proprio il greco-bizantino e l’arabo.
Del resto la funzione dei siciliani in architettura[6], pare sia stata sempre duplice: una di filtro, cioè di selezionare nell’arte dei nuovi conquistatori i caratteri più consoni alla propria indole, l’altra di sano eclettismo, fare cioè che la coesistenza dei caratteri dell’arte precedente con i nuovi assimilati non si risolva in una semplice contaminazione. Se l’architettura siciliana raggiunse, in quel periodo, vette assolutamente eccelse, una delle principali ragioni risiede proprio nell’eclettismo che caratterizza il dominio normanno. Gli esempi più rappresentativi si trovano nella Sicilia occidentale, così come per il periodo arabo, quali manifestazioni di una scuola rigida e severa basata sugli effetti di massa piuttosto che sulla fastosa decorazione ottenuta con lesenature, intrecci d’archi e policromia naturale. Caratteri che si possono riscontrare, nella chiesetta di San Nicolò Regale e all’esterno nell’abside della Cattedrale.
Si tratta, in linea di massima, di composizioni basate sul gioco dei volumi semplici: superfici prismatiche, cilindriche, cubiche, che messe in tutto il loro valore, da un paramento di piccoli conci esattamente intagliati, senza forti sporgenze di cornici, sono alleggeriti da lievi rincassi intorno alle nude finestre o porte ad arco.
In realtà sono proprio questi elementi a caratterizzare sin da principio l’arte della Sicilia normanna e a staccarla da quella del continente. Tracce della civiltà araba si riscontrano anche nell’odierna Piazza della Repubblica dove, nel luogo in cui fu eretta nel 1780 la statua del Patrono, sorgeva un Minareto a cinque ordini.
Il Val di Mazara in generale fu la zona dove questa suggestione risultò più visibile e a Mazara in particolare, si tramutò in uno dei migliori esempi di questo modus edificandi, il Castello Normanno, eretto nel 1073 al fine di costituire una base d’operazioni contro i centri vicini ed impedire un possibile sbarco dall’Africa. Quando nel 1093 venne edificata la Cattedrale Normanna, il Minareto, trasformato in campanile, si trovò staccato dalla basilica, come si può vedere da un’incisione del 1516, pubblicata dall’Adria, che riproduce il panorama di Mazara con gli edifici più importanti. Durante questo periodo, Mazara adempiva ad una precisa funzione storica legata al suo porto-canale, il quale, giaceva lungo la più breve linea di comunicazione tra l’Africa e la Sicilia, è rappresentava, talaltro, il punto di partenza della strada per Palermo. Nel 1075 quando le forze di Temin, re di Tunisi, riuscirono ad entrare nella città, il castello, che rispetto al litorale era più addentrato, rimase in mano ai Normanni. La durissima battaglia con la quale il Conte Ruggero e le sue truppe si opposero all’assalto saraceno con strenua resistenza si svolse in particolare, nel piano della città ad essa antistante.
Mazara rimase sempre città demaniale fino al 1357,dominata da Manfredi Chiaramonte, così come il resto della Sicilia occidentale, quando la fazione contraria facente capo al barone Giorgio Graffeo, dopo lunghi anni di lotte, la conquistò.
Mazara così divenne per la prima volta città feudale. Dopo il grande sviluppo demografico dell’età musulmana, la popolazione di Mazara cominciò a decrescere Ad aumentare il fenomeno contribuì certamente l’espulsione degli Ebrei, decretata da Ferdinando il Cattolico nel 1493, ma le cause di questa riduzione della popolazione furono essenzialmente economiche
Nel XV secolo, infatti, la vita economica mazarese ristagnava su un’agricoltura alquanto arretrata, su un’industria che sopravviveva solo per la lavorazione del tonno ed un commercio anch’esso in declino per i continui sconvolgimenti politici.
L’idea della vita pubblica e delle condizioni di Mazara sul finire del medioevo, furono, quelle proprie di una cittadina chiusa nelle sue mura, lontana dai centri abitati più importanti, “…inondata di preti e di monaci, con uno straordinario numero di chiese e di conventi, di monasteri e di corporazioni religiose…” e dove il clero dettava leggi servendosi dell’autorità conferitagli dal possesso della quasi totalità dei territori mazaresi.
In quasi tutti i tumulti siciliani del XVI e XVII secolo, sia politici che economici, Mazara fu tra le primissime città ad insorgere ed a manifestare la propria solidarietà alle iniziative di Palermo. La vita religiosa fu uno degli aspetti più importanti della società medievale: chiese, monasteri e conventi continuarono a sorgere senza interruzione, mentre la configurazione topografica della città conservò la forma del quadrilatero irregolare normanno. Dei grandi monasteri situati, sia all’interno della cinta muraria che al di fuori, i più importanti erano, quello di S. Caterina, con la chiesa omonima fondata nel 1318, quello dei padri Carmelitani costruito nel 1367 ed infine quello di S. Chiara, di cui non si conobbe l’anno di fondazione, ma che certamente risalì a non più tardi del secolo XV, in quanto già nel 1392 si parlò di tale monastero in un diploma di Re Martino. Tra tutti gli edifici religiosi di certo molto bella fu la chiesa monumentale dedicata a S. Biagio, che, con le sue tre navate ed i tredici altari, sorse dove fu edificata in seguito, nel 1680, l’attuale chiesa di S. Francesco.
In totale dentro le mura erano circa quaranta edifici religiosi, otto appena fuori le fortificazioni e sedici nelle campagne.
Uno dei quartieri più importanti, uno dei più caratteristici e quasi un quartiere a sé, era quello abitato dagli Ebrei, venuti a Mazara sin dal VI secolo ed espulsi il 12 gennaio del 1493 per un editto di re Ferdinando, costituito dalla piazza della Giudecca e dalla via Giudecca, intersecata da un gran numero di vicoletti .Il quartiere della “Jureca”, ossia della Giudecca, era compreso tra le mura orientali della città e le prime case della piazza Regina, quelle poste tra il cortile del Pico, la Pilazza e la piazzetta Bagno. I nuclei abitativi erano piuttosto modesti, addossati gli uni agli altri, con vista su vicoli bui, o su cortili scoperti di proprietà comune, dove di solito era presente un pozzo o una pila.
Le umili dimore dei giudei, quasi esclusivamente ad un piano, erano caratterizzate da conci squadrati, dagli ingressi bassi, dai muri imbiancati e dai tetti coperti di tegole d’argilla cotta al sole. Un altro quartiere, probabilmente uno dei più antichi, era quello di Torre Bianca, posto a ridosso delle mura orientali e formato da un vero ginepraio di vicoli stretti e tortuosi. Delle dieci piazze tuttora esistenti, piccole ed irregolari e quasi tutte situate dinanzi le chiese principali da cui traevano il nome, le principali erano tre: il Piano Maggiore, la Ganéa e la Giudecca.
Il Piano Maggiore o Platea magna o semplicemente Piano, prese ad avere la forma attuale quando la platea urbis, di cui faceva parte, fu compresa nella cinta muraria normanna. Una parte di essa fu destinata alla costruzione di edifici civili per la popolazione, mentre la parte antistante il lato occidentale della Cattedrale servì da piazza.
Si cominciò in tal modo a tracciare quella che divenne la geometria e la destinazione d’uso degli edifici costituenti oggi l’attuale Piazza della Repubblica.
Il centro del mercato, degli affari, del movimento, era rappresentato dalla piazza della Ganéa, posta nel cuore dell’agglomerato urbano, nella quale erano collocate le botteghe di generi alimentari e dove vi convergevano cinque strade provenienti da diversi punti periferici della città. La terza piazza la Giudecca, ora piazza S. Michele, come già ricordato, era invece il centro del quartiere dei Giudei, che dimorarono nella via Giudecca, in seguito via dei Chiavettieri ed oggi via Goti, nonché nelle viuzze che la incrociavano.
La piazza di S. Agostino con la sinagoga e la piazza del Bagno con il lavatoio, rappresentarono poi le altre zone nevralgiche del quartiere, fulcri delle attività religiose, culturali e sociali
Delle strade brevi, tortuose e strette, le principali erano lastricate con ciottoli disposti in piccoli quadrati e divisi tra loro da lastre di marmo di forma allungata. Nel 1480 a causa di un importante rinnovamento edilizio, introdotto quando una provvisione vice-regia, già in vigore a Palermo e a Messina, estendeva anche a Mazara l’osservanza di determinate regole costruttive, l’aspetto della città ebbe un lieve mutamento. Si demolirono difatti molti cortili, casaleni e case terrane, per lasciare posto a fabbricati di più piani, quegli “alti palazzi”che, citati dall’Adria[9], sono oggi testimoniati dai resti delle finestre bifore e delle porte ad arco acuto, che permangono tuttora.
I nuovi edifici però furono costruiti per le classi sociali più facoltose, quindi, nonostante il mutamento in atto, la gran parte della popolazione era inglobata ancora negli antichi cortili. Quest’ultimi erano caratterizzati da recinti all’aperto a forma d’atrio, spazi a disegno irregolare e senza porte, che provvisti anche di pozzo e lavatoio, consentivano l’ingresso alle abitazioni. Le strade insieme ai vicoli divisero l’abitato in cinquanta isole e tale divisione si mantenne fino alla demolizione delle mura.
Sempre nella seconda metà del secolo XIV fu fabbricato da Federico Chiaramonte un grande palazzo, certamente il più suntuoso e ugualmente la fortezza più munita della città. Il Chiaramonte, dopo avere rivolto ogni sua cura a riparare i gravissimi danni che le lotte civili, seguite alla morte di Federico III, recarono a tutti i paesi della Sicilia occidentale, venuto a Mazara, restaurò le mura in gran parte rovinose, arricchì di artiglierie il regio Castello e le torri, aprì una nuova Porta sulle mura di mezzogiorno ed infine edificò uno splendido palazzo per sua dimora. Tra le casate nobili di Mazara, oltre ai Chiaramonte, anche la famiglia Adami occupò, fin dai primi del XIV secolo e fino al 1600, le principali cariche cittadine. Simbolo della magnificenza e dell’importanza rivestita dalla suddetta famiglia nell’ambito della società mazarese fu il palazzo che sorse nell’attuale Piazza Plebiscito, demolito in seguito per dare posto alla chiesa di S. Ignazio.
La stagione settecentesca, costituisce per molti aspetti l’epilogo di una lunga tradizione artistica- quella isolana- che nella rimodulazione dei motivi linguistici dominanti e nella sapienza artigiana dei suoi artefici aveva trovato il suo nucleo vitale, in questo senso il profilo modesto dell’ottocento mazarese è condiviso con la maggior parte dei centri minori siciliani, generalmente impacciati a riformulare la loro identità tradizionale su valori, tipologie e ideologie come quelle del nuovo Stato Unitario. Nell’ ultimo secolo Mazara si è notevolmente estesa, sia urbanisticamente che demograficamente.
il luogo. la piazza e i suoi significati
Piazza Repubblica è uno degli ambienti urbanistici più significativi della città d i Mazara del Vallo . E’ una Piazza con tre direttrici, una Via S.S. Salvatore apre verso il mare ,le altre due prevalenti biforcantesi attraverso la Piazza dall’arco, il Tocco che collega la Cattedrale con il Palazzo Vescovile, una con andamento curvilineo, via XX Settembre attraversa la vicina Piazza Plebiscito e raggiunge il porto, l’altra con andamento anch’esso curvilineo, ma contrario via Garibaldi attraversa la Mazara antica e raggiunge Porta Marsala.
E’ una Piazza che possiede spazialità singolari. Una delle più belle Piazze della Sicilia Occidentale. Chiusa e aperta. Chiusa dallo sfondo tumultuoso e ricco della Cattedrale e aperta allo squarcio imprevisto, verso il verde di Villa Iolanda e l’azzurro intenso del mare a sud, imperniato nella bloccata torre campanaria della Cattedrale e poi di nuovo chiusa dall’episodio del portico e loggiato settecentesco del Seminario con le fughe degli archi che si piegano e rinserrano alle due estremità, quasi a compenetrarsi al volume bloccato del retrostante edificio determinano una parete corposa e convessa verso la Piazza, la dosata pausa di via dell’Orologio alla estremità della quale facendo altro perno verso la Piazza, stava anticamente la torre civica con l’orologio , dal lato opposto la parete settecentesca colma distesa e dignitosa della sede del Vescovado, articolato fra i due sottopassaggi , quello di via dell’ Arco e quello che la collega al fianco della Cattedrale. Chiude il quarto lato della Piazza, deturpandone l’armonia, l’edificio del Municipio costruito alla fine degli anni sessanta, definito anche dai meno esperti un manufatto edilizio, totalmente discordante, una nota stonata. Lo spazio Piazza si apre ai suoi lati, l’imbocco di Via XX Settembre, e la via stessa, che con andamento curvilineo e sbarrata a varie riprese prelude allo spazio di Piazza Plebiscito, caratteristica piazza sulla quale insistono edifici di notevole rilievo storico: il Complesso di Sant’ Egidio, oggi sede del Museo del Satiro danzante, e il seicentesco convento dei gesuiti, Nuovo Centro polivalente;’imbocco di Via Garibaldi, via molto vivace per la presenza di attività commerciali, e svariati locali, nuovo centro della movida notturna, fenomeno in continua espansione,in linea con i progetti della nuova amministrazione per la rivitalizzazione del Centro Storico. La via penetrando organicamente nella Mazara antica immette con slarghi e fondali imprevisti a Porta Marsala dove si articola un’ altro cuore della città. La Piazza della Repubblica, così articolata alla estremità sud dell’antico tessuto urbano e monumentale, collegata organicamente alle due piazze vicine di Santa Veneranda e Plebiscito, ha una spazialità che si dilata in varie direzioni, non conclusa entro i suoi limiti, fa essa stessa da perno spaziale alle due piazze vicine e ai fondali e alle quinte delle vie circostanti.
Fin dall’antichità la piazza costituì un elemento di fulcro della struttura urbana, ovvero spazio libero circondato da edifici, che si determina e si trasforma in base a complicate vicende sociali, politiche, religiose, economiche, urbanistiche e antropologiche.
Nell’ area mediterranea la piazza è la strutturazione architettonica che meglio mostra, in quanto spazio relativamente libero, lo stratificarsi delle strategie, degli eventi e dei modelli culturali che sono succedutisi.
Questo luogo storico nel meridione, fu particolarmente caratterizzato da una vivacità d’uso folkloristico e di tradizioni, sicuramente assai meno presente nel resto del Paese e proprio la Sicilia è la regione meridionale dove la piazza raggiunse il massimo di rappresentatività d’arte figurativa.
Scena e teatro entrano fortemente nella progettazione delle piazze, non alla maniera di trascurabili apporti esterni, ma come esigenza radicata nel concetto stesso di piazza: un luogo dove la presenza dell’uomo, sia essa quotidiana oppure legata a particolari eventi, deve rendere l’idea di spettacolo.
Farsi vedere in piazza ha il significato non equivoco di rendere pubblica, ufficiale, socialmente eloquente la propria giornata.
Il Piano maggiore o Platea magna, o semplicemente Piano sistemato quando la platea urbis, di cui faceva parte, venne compresa nella cinta delle mura normanne.
Della platea una parte dovette essere destinata alla costruzione di case per la popolazione continentale, mentre la parte antistante al lato occidentale della Basilica venne regolarizzata e destinata a piazza, conservando fin dall’origine la forma e le dimensioni dell’odierna Piazza della Repubblica.
Degli attuali edifici che la costituiscono, al tempo dei Normanni non esistettero che la sola Cattedrale, vicino alla quale sorse in seguito l’antico monastero di S. Chiara, con l’omonima chiesa, destinato ad accogliere fanciulle nobili .La geometria e l’assetto urbano della piazza, rimaste pressoché invariate fino allo scadere del XIV secolo, erano già embrionalmente delineate: il lato settentrionale era occupato dalla chiesa di S. Chiara con il relativo monastero, quello orientale dalla Basilica del SS. Salvatore ed infine gli altri due lati chiusi da innumerevoli case patrizie.
Del resto tale sistemazione urbanistica, oltre dalle testimonianze storiche scritte, si può evincere anche graficamente dall’incisione del 1516 già ricordata, e nella quale si possono scorgere la cupola ed il campanile con l’orologio della chiesa di S. Chiara un poco più avanti dell’abside della Cattedrale. Verso il 1392, a causa delle guerre che lacerarono la città, l’antico monastero di S. Chiara, ormai caduto in disuso, fu soppresso. Le Religiose per aver parteggiato a favore del blasonato casato dei Chiaramonte, fautori del popolo sollevatosi contro il Re, dovettero abbandonare l’edificio che fu destinato ad Episcopio fino al 1710 quando, con l’edificazione del nuovo Seminario restò in parte annesso al palazzo dei Vescovi e in parte unito all’attuale Monastero di S. Caterina. Nei pressi del decaduto “edificio religioso”, ad esso adiacente, fu eretto per opera di Federico Chiaramonte un fastoso palazzo, simbolo dell’alto rango e potenza della sua nobile famiglia, che se non poté vantare la vastità e lo splendore del famoso Steri di Palermo, era certamente l’edificio aristocratico più sontuoso della città.